allenamento – Alessandro Pardocchi Personal Trainer https://alessandropardocchi.online Sat, 27 Apr 2024 16:14:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://alessandropardocchi.online/wp-content/uploads/2023/12/cropped-3-Copia-32x32.png allenamento – Alessandro Pardocchi Personal Trainer https://alessandropardocchi.online 32 32 Tecniche di Respirazione e Performance Sportive: Un Elemento Cruciale nella Preparazione Atletica https://alessandropardocchi.online/tecniche-di-respirazione-e-performance-sportive-un-elemento-cruciale-nella-preparazione-atletica/ Sat, 27 Apr 2024 16:06:40 +0000 https://alessandropardocchi.online/?p=1074 Facciamo un po’ di chiarezza

Nel mondo dello sport professionistico, le tecniche integrative, o meglio, alternative, stanno diventando sempre più popolari per potenziare le performance. Tra queste, le tecniche di respirazione sviluppate “a secco” (fuori dal gesto tecnico) rientrano in quello che è definito come preparazione psico-fisica aspecifica.

Da anni, come trainer di atleti, mi dedico ad allenamenti specifici che includono tecniche di respirazione derivanti dall’apnea, dallo yoga, e dal metodo Oxygen Advantage di P. Mckewon, di cui sono istruttore certificato. Nel 2015, sono stato anche co-autore del libro “Respiro Vivo” con il mio amico e maestro Fabio Brucini dove spiegavo come mettere in pratica attraverso semplici esercizi un benessere duraturo attraverso il respiro.

Ma, vi siete mai chiesti: “Perché è così importante sviluppare una respirazione più efficace ed efficiente?”

La risposta è semplice ma fondamentale: l’atto respiratorio è alla base di ogni attività sportiva, sia essa professionale, ludica o agonistica. Anche nell’apnea, dove la respirazione è apparentemente assente durante i tentativi di record, l’allenamento è incentrato sul migliorare le varie tipologie di respirazione per permettere al corpo di resistere più a lungo senza ossigeno.

Ecco come l’attenzione alla respirazione sta trasformando le discipline sportive:

  • Miglioramento del recupero
  • Aumento della concentrazione e dello stato di flow
  • Incremento del Vo2max
  • Simulazione di allenamenti in alta quota

Un esempio illustre viene dal documentario “The Last Dance” su Michael Jordan, dove Phil Jackson, il “Coach Zen” dei Chicago Bulls, enfatizza l’importanza degli allenamenti respiratori nella preparazione della sua squadra.

Di recente, un documentario su Alvaro Bautista, campione di Moto Superbike, ha mostrato come gli allenamenti respiratori basati sulla variabilità cardiaca possano essere decisivi per migliorare le prestazioni.

Ma come si inizia un training respiratorio? Ho contattato la mia collega di Verona, Cristina Pimazzoni, esperta del Metodo Buteyko. Questo metodo, sviluppato negli anni ’60 dal medico russo Konstantin Pavlovich Buteyko, riduce l’iperventilazione e migliora l’ossigenazione di tessuti e organi, ed è utilizzato da atleti di alto livello in tutto il mondo.

Cristina, con oltre 20 anni di esperienza nel canto, ha un’intima conoscenza del diaframma che ha applicato allo studio del Metodo Buteyko, aiutando molte persone a migliorare significativamente la propria vita. Le sue esperienze con atleti professionisti sono la testimonianza vivente di quanto il lavoro sul respiro sia cruciale per eccellere nello sport.

Vuoi scoprire di più? Ti invito a iscriverti gratuitamente al percorso informativo sul Metodo Buteyko offerto da Cristina. Trovi tutte le informazioni qui: Iscriviti al percorso informativo gratuito

Lavorare sulla respirazione e perfezionare la “consapevolezza corporea” è diventato un pilastro fondamentale nella preparazione sportiva moderna, unendo tecniche di allenamento tradizionali a quelle più innovative.

In conclusione, la maestria nel controllo del respiro non è solo un’arte riservata agli yogi o agli apneisti, ma un’abilità fondamentale che ogni atleta dovrebbe sviluppare per esprimere il massimo del proprio potenziale sportivo. Il Metodo Buteyko, con la sua approccio scientifico e pragmatico, offre strumenti concreti per migliorare la performance respiratoria e, di conseguenza, le prestazioni generali.

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INFIAMMAZIONE SILENTE – IL KILLER SILENZIOSO https://alessandropardocchi.online/infiammazione-silente-il-killer-silenzioso/ Thu, 03 Nov 2022 13:49:13 +0000 https://alessandropardocchi.online/?p=779 Il 23 Febbraio del 2004 usciva in prima copertina del Time Magazine “The Secret Killer

Il Killer silenzioso.

“The surprising link between INFLAMMATION and HEART ATTACKS, CANCER, ALZHEIMER’S and other diseases”

La sorprendente correlazione tra INFIAMMAZIONE, ATTACCHI CARDIACI, CANCRO, ALZHEIMER e altre malattie.

Questo Killer moderno è in medicina chiamato anche INFIAMMAZIONE CRONICO SISTEMICA di basso grado ed è il nuovo spauracchio sulla salute del 21° secolo. 

Praticamente è un processo che unisce lo stato infiammatorio non localizzato a bassa intensità allo sviluppo di varie patologie come: cardiopatie, diabete, malattie autoimmuni e cronico degenerative

Le cause scatenanti sono tutte legate a tre fattori:

  • alimentazione non corretta
  • scarsa attività fisica
  • problematiche emotivo-psicologiche

In poche parole lo stile di vita, lo stress e fattori esogeni in genere fanno sì che il corpo sviluppi un’infiammazione leggera, piccola ma costante nel tempo che (anche grazie all’invecchiamento) a lungo andare va a creare possibili patologie invasive. 

Per fare un esempio l’accumulo di massa grassa produce più adipociti (le cellule del tessuto adiposo​, oggi meglio conosciuto come organo adiposo) che a sua volta producono più adipochine (tutte le molecole sintetizzate e secrete dal tessuto adiposo) che a sua volta incrementano lo stato infiammatorio del nostro corpo. Ergo “più siamo grassi” più siamo infiammati.

Oppure l’aumento dello stress ossidativo (cosiddetto catabolismo) che è dato dalla quantità dei radicali liberi che danneggiano la struttura cellulare e aumentano il fattore pro-infiammatorio.

Un altro fattore è il rapporto non idoneo tra i grassi Omega 3 e Omega 6 che a volte arriva a 1 su 14 e andrebbe almeno portato a 1 su 3. Questo, chè è sicuramente un fattore di origine alimentare, è dato dall’ingestione di cibi precotti, processati industrialmente e con alti valori di grassi idrogenati. 

Anche i picchi insulinici causati da incrementi di glicemia sono pro-infiammatori. Generalmente dovuto da abbondante uso di cibi “zuccherosi” (carboidrati semplici), bevande “famose” e alcolici, che fanno in modo di creare uno sbilanciamento tra glicemia introdotta (tanta) e consumo richiesto (poco). 

Ma perché viene chiamato Killer? Non mi farà mica male ogni tanto bere una Coca Cola?

Io direi che ogni tanto non fa male niente! Neanche il Lardo di Colonnata. 

Il problema è ogni spesso

La cosa che la maggior parte di noi non sa è che oramai da una decade è confermato da peer review internazionali e studi specifici che l’infiammazione di basso grado aumenta di circa il 50-70% la possibilità di contrarre malattie come tumori o incrementare la possibilità che avvengano Ictus o Strokes

Che te lo dico a fare…..

Ma quali sono le possibili soluzioni?

  1. Alimentazione corretta (non sempre ma abbastanza spesso).
  2. Fare attività fisica alternando fasi di alta intensità a fasi di bassa intensità.
  3. Training Respiratorio per migliorare il funzionamento del SNA (Sistema Nervoso Autonomo).
  4. Ristabilire il clock interno andando a lavorare sui ritmi Circadiani. 

Su i punti 1 e 2 dovremmo essere già capaci di capire il perché ma sul punto n°3? Respirazione per migliorare il Sistema nervoso autonomo….mah ….? Cosa c’entra la glicemia, il grasso il colesterolo o i radicali liberi con il sistema nervoso? E perché la “rieducazione respiratoria” sarebbe in grado di migliorare il funzionamento dello stesso?

Cercherò di fare un paragone con le automobili, lo so è un pochino azzardato ma vediamo se riusciamo a capire meglio.

Mettiamo che il mio corpo (nelle sue funzioni autonomiche) sia l’automobile e che il guidatore sia la parte cognitiva del cervello. In questo caso il SNA (Sistema Nervoso Autonomo) è paragonabile alla centralina della macchina.

Il mio scopo dovrebbe essere quello di guidare la macchina a livello delle massime performance.

Il guidatore è bravo, capace, e fa di tutto per andare forte ma ipotizziamo che la centralina sia tarata male o difettosa. In poche parole non funziona come dovrebbe. D’altronde è un piccolo computer e si può guastare anche lei. 

Come pensate che andrà la macchina? Sicuramente male.

Riuscirà il guidatore da solo a raggiungere le massime performance? Evidentemente NO!

Quindi per migliorare la situazione e limi questa infiammazione dobbiamo lavorare su alimentazione e movimento (sport ludico) ma anche sullo STRESS MANAGEMENT.

Perché “stranamente” (l’ho messo volutamente virgolettato e in corsivo) è tutto concatenato. L’obiettivo per non incappare nel KILLER SILENTE è quello di cercare nel miglior modo possibile l’equilibrio. Facendo così non attiviamo il famoso sistema “attacco-fuga” in modo perenne e si evita che prenda il sopravvento l’infiammazione.

Il primo step è quello di fare un WELLNESS TEST per capire se l’infiammazione sia in atto e soprattutto sviluppare un interventistica adeguata per andare a limitarla.

Contattami in privato per maggiori info!

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Vivere in Movimento https://alessandropardocchi.online/vivere-in-movimento/ Tue, 11 Jan 2022 10:34:00 +0000 https://alessandropardocchi.online/?p=590 In qualunque stato si trovi il vostro corpo fino ad ora vi ha sostenuti e serviti. Siete sicuramente più “vivi che “morti”, non avete grandi dolori siete tutto sommato equilibrati. Insomma qualunque sia la forma fisica e qualunque sia la fase di stress vi sono buone possibilità per migliorare le prestazioni e l’equilibrio”.
Cit. Tratta da BIOENEGETICA di Angelo Musso

Quindi non c’è tanto da lamentarsi ma sicuramente da MUOVERSI!

L’attività fisica è il più grande antinfiammatorio che abbiamo a disposizione in modo GRATUITO!

Quando andavo alle scuole elementari facevo l’ora di Ginnastica…. non Educazione Fisica ne Motoria, solo Ginnastica. Si camminava sulla trave, facevamo il salto della cavallina, si saliva sulla pertica e tante altre cose. ma soprattutto per tutti noi era un ora di tanto divertimento.

Perché sperimentavamo il nostro corpo, il nostro limite, la nostra destrezza. Ogni tanto qualcuno si faceva male? SI …. Ma almeno imparava.

E non succedeva nulla di sconvolgente. La palestrina che veniva utilizzata è tutt’ora uguale a 40 anni fa.

Il termine “GINNASTICA” ha la seguente definizione:

Disciplina che cura il benessere fisico e il rinvigorimento del corpo utilizzando particolari esercizi fisici.

Mi piace il termine RINVIGORIMENTO…. perché è quello che servirebbe per la maggior parte delle persone che non si muovono affatto.

Approcciare ad uno stato di salute ottimale dovrebbe essere il nostro primo obiettivo. La nostra priorità.

Chiediamoci allora: “perché non lo stiamo facendo”?

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Perché essere “consapevoli” durante l’allenamento? https://alessandropardocchi.online/cosapevolezza-corporea/ Sun, 21 Jun 2020 07:07:51 +0000 https://alessandropardocchi.online/?p=536 Thich Nhat Hanh – Il miracolo della presenza mentale – Ubaldini 1992 

Il Sutra della presenza mentale dice : << Quando cammina, chi si esercita deve essere consapevole che sta camminando. Quando è seduto, deve essere consapevole che è seduto. Quando giace sdraiato, deve essere consapevole che è sdraiato…>>. La presenza mentale riguardo alle posizioni del nostro corpo non basta, però. Dobbiamo essere consci di ciascun respiro, di ogni movimento, di ogni pensiero e ogni sensazione , di ogni cosa che abbia una qualche relazione con noi. 

Consapevolezza corporea, imparare a sentire ogni singolo movimento ogni singola sensazione nello spazio e nell’ambiente che ci circonda. In qualsiasi sport è possibile, anche se non sempre, ascoltarsi e imparare a sentire. E’ un modo per staccarsi dal pensiero ricorrente, dalle aspettative, dalle paure. E’ un modo per mettere in standby il cervello e “farlo respirare un po”. 

E qui nasce il primo equivoco. “Tutto il giorno devo essere consapevole?”. Bhè sarebbe impossibile neanche se lo facessimo di professione. Infatti l’incipit di Thich Nhat Hanh dice “chi si esercita“. Quindi noi che ci esercitiamo, facendo attività fisica per il nostro benessere oppure per un obiettivo prestazionale (disciplina sportiva), almeno in quel frangente dovremmo farlo.

Ma perché dovremmo farlo? Per quale motivo?

I motivi sono tanti, ne elencherò un paio che ritengo essere quelli più importanti:

  1. Quando eseguiamo consapevolmente un gesto mettiamo in connessione la parte conscia e la parte inconscia. (volontaria – involontaria). Questo semplice atto migliora il modo in cui i neuroni “comunicano tra di loro“. In un certo senso “apprendiamo. Può sembrare banale ma non lo è. La forza della ripetizione dell’atto di essere consapevoli “fissa” questo tipo di apprendimento neuronale ed il risultato è quello di migliorare il funzionamento del nostro sistema nervoso a 360°. E Dio solo sa se il sistema nervoso ha bisogno di migliorare sempre il suo funzionamento con tutto lo Stress che gli facciamo recapitare giorno per giorno.
  2. I pensieri che noi abbiamo giorno per giorno rivelano di noi stessi come un singolo neo che abbiamo sulla fronte” cit. Peacefull Warrior. Quindi i pensieri non ci caratterizzano. Il problema è che ne abbiamo troppi. Molti dei quali sono inutili. Quindi, dato che il nostro cervello non può funzionare in multitasking ma gestisce solo un evento alla volta, se io sono concentrato su un gesto sul respiro o sul cammino non potrò avere pensieri. Ergo il mio cervello starà in Stanby (dal pensiero inutile) per tutto il tempo in cui sarò concentrato. Una sorta di ricarica automatica dell’energia celebrale “positiva”.

Tutto questo può sembrare il frutto di “fricchettonate new age” ma non è così.

Fidati!

Io ti esorto a provare. Prova ad eseguire una certa attività fisica ascoltando il tuo corpo. Puoi partire dal respiro o dalle sensazioni corporee.

E… se ti va fammi sapere come è andata. 😉

Alessandro Pardocchi

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CHE SUCCEDE SE CI ALLENIAMO CON LA MUSICA ? https://alessandropardocchi.online/che-succede-se-ci-alleniamo-con-la-musica/ Sun, 06 Jan 2019 10:46:47 +0000 http://alessandropardocchi.online/?p=135 Quanti di voi quando si accingono ad allenarsi, prepararono il lettore mp3 o l’ormai immarcabile smartphone ? Fanno bene, in quanto ci sono fior di professori come il prof. Terry, psicologo australiano (università del Queensland) e il prof, inglese Karageorghis (Brunel University, West London)  che hanno studiato gli effetti psicofisci della musica nello sport e nell’allenamento. A dire il vero non è di oggi questo studio, Karageorghis e Terry cominciarono già nel 1999, studiano da il fatto che la risposta al ritmo, i battiti al minuto (i famosi bpm) e all’armonia musicale, la tonalità di essa, il primo esempio fu l’effetto positivo della musica di Vangelis “Chariots Of Fire”, che evocava glorie olimpiche. A questo punto però cominciarono a scomporre i vari fattori musicali, tanto da considerare più importante la risposta al ritmo che non al tema musicale. La cosa più importante che si evinceva è che la musica può influenzare il gradimento del nostro esercizio e ad allontanare il “rigetto” dell’esercizio stesso e addirittura migliorare la riuscita dello stesso.

Successivamente nel 2001 proseguendo gli studi dimostrarono che i principali benefici che gli atleti avevano ascoltando musica durante il “lavoro” erano quelli di aumentare i sentimenti positivi e ridurre quelli negativi, insieme a tutta un’altra serie di positività come a ridurre la sensazione di dolore e fatica e addirittura lavorare sulla scala di percezione dello sforzo RPE, specialmente durante l’allenamento aerobico.

Nel corso degli anni, i nostri professori cominciarono ad elaborare un sistema più oggettivo per selezionare la musica. Nel 1999 il primo tentativo di sviluppare una scala di valori per classificare le qualità motivative della musica., il B.R.M.I. (Brunel Music Rating Inventory) proseguito nel 2006 con il BRM-2, nei quali la caratteristica chiave della musica “motivazionale” era quella di aver un tempo bpm superiore a 120, ritmo incalzante, che infatti produceva un aumento dell’energia e promoveva il movimento corporeo. Ovviamente all’inizio c’erano limitazioni considerando solo i quattro fattori basati sul responso al ritmo, alla musicalità, impatto culturale e associazione, infatti nel 2006 il BRM fu modificato radicalmente aggiungendo tutta una serie di parametri nuovi che si focalizzavano sull’azione, il tempo, il contesto e il target. L’azione è relativa alla motivazione in riferimento al tempo e durante l’esercizio fisico, il contesto riguarda l’esercizio stesso, il target riguarda le proprietà della musica ritmo e tempo.

Il vero salto di qualità negli studi è stato quando, esaminando studi fatti anche da altri nel periodo dal 1999 al 2004, si è cercato di catalogare la musica nel contesto dell’allenamento e/o della gara. Si è capito subito che la musica di sottofondo dava degli effetti benefici che una volta scomparivano quando si raggiungeva il livello massimo, questa fu denominata musica “asincrona”, questo tipo di musica è vista come terapia aggiuntiva ad un esercizio fisico e viene chiamata cosi perchè non vi è nessuna cosciente sincronizzazione fra movimento e tempo di musica. Totalmente opposta è infatti la “musica sincronizzata”, che riesce ad accompagnare la realizzazione di movimenti ripetitivi con i suoi elementi ritmici (battito e tempo). Ultima classificazione è stata quella musica che può essere allo stesso tempo stimolante o sedativa che è stata denominata “pre-task”.

Andando nel dettaglio, secondo gli studi più recenti, la musica lenta asincrona è inadeguata per l’esercizio a meno che sia usata con l’intenzione di limitare lo sforzo. La musica veloce asincrona è adeguata per serie di attività ad alta

intensità e aumenta la fatica durante l’esercizio. Se svolta durante un esercizio fisico sub-massimale riduce RPE, ma non è chiaro se questo effetto è moderato dalle qualità motivazionali della musica. La musica asincrona perde probabilmente i suoi vantaggi durante l’attività d’intensità molto elevata.

All’opposto la ricerca ha costantemente dimostrato l’efficacia della musica sincronizzata come aiuto “ergogenico” in attività aerobiche. Altri studi hanno testato gli effetti della musica sull’umore durante lezioni di aerobica, dopo aver testato le tre diverse tipologie di musica. I risultati hanno riportato stati d’animo più positivi quando i partecipanti utilizzavano la musica sincronizzata. L’effetto di sincronizzazione in esecuzione è stato dimostrato in ambiente sperimentale nel 2006, i quali hanno trovato che la musica motivazionale sincrona migliorava la velocità di marcia in uno sprint di 400 mt, rispetto ad una condizione di controllo senza musica.

Andando poi ad analizzare la musica “pre-task”, già nel 1996 i professori hanno dimostrato in un loro studio, che questo tipo di musica agisce come uno stimolante efficace che può ottimizzare il livello di eccitazione degli stati psicologici. Dopo ulteriori studi nel 2003 hanno concluso che la musica pre-task può manipolare gli stati di attivazione attraverso il controllo dell’eccitazione e migliorare la fiducia in se stesso.

In generale, inoltre, gli autori affermano che la musica nel suo complesso è stata usata spesso per migliorare le capacità motorie dei giovani atleti.

A conclusione di questo si evince che la strategia efficiente da parte di un atleta è quella di stilare una playlist preferita seguendo possibilmente parametri musicali oggettivi come il già citato prima BRM-2.

Cercando di fare una sintesi per motivi di spazio, gli studi sulla applicazione della musica agli atleti e agli esercizi degli sportivi, ci confermano i differenti effetti che si ottengono.

La musica può focalizzare l’attenzione e distogliere la mente dalle sensazioni di fatica e di dolore, può essere utilizzata come stimolo per gli allenamenti più duri o come sedativo per momenti di ansia e nervosismo.

Sincronizzare il ritmo del lavoro con quello della musica serve a dare il giusto tempo ai movimenti e migliorare la performance. La musica, addirittura, può migliorare l’acquisizione dei movimenti e creare l’ambiente giusto per crearne di nuovi.

In conclusione, è necessario comunque che gli atleti siano coinvolti nella selezione dei brani in modo da avere un massimo incremento del potenziale degli effetti relativi alla musica, sebbene aiutati da parametri il più possibile oggettivi, come il beat-tempo, l’intensità e i cambi di musicalità. La curiosità che però emerge dalla ricerca è che in realtà non esiste una compilation ideale di musiche adatte allo sport, al contrario, è tutto molto soggettivo, quindi anche seguendo parametri, studi e tipologie varie, ognuno di noi ha, in fondo, una “sua” musica, quella capace di aumentare il proprio rendimento sportivo.

Articolo Tradotto da Pierluigi Pardocchi

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