Quanti di voi quando si accingono ad allenarsi, prepararono il lettore mp3 o l’ormai immarcabile smartphone ? Fanno bene, in quanto ci sono fior di professori come il prof. Terry, psicologo australiano (università del Queensland) e il prof, inglese Karageorghis (Brunel University, West London)  che hanno studiato gli effetti psicofisci della musica nello sport e nell’allenamento. A dire il vero non è di oggi questo studio, Karageorghis e Terry cominciarono già nel 1999, studiano da il fatto che la risposta al ritmo, i battiti al minuto (i famosi bpm) e all’armonia musicale, la tonalità di essa, il primo esempio fu l’effetto positivo della musica di Vangelis “Chariots Of Fire”, che evocava glorie olimpiche. A questo punto però cominciarono a scomporre i vari fattori musicali, tanto da considerare più importante la risposta al ritmo che non al tema musicale. La cosa più importante che si evinceva è che la musica può influenzare il gradimento del nostro esercizio e ad allontanare il “rigetto” dell’esercizio stesso e addirittura migliorare la riuscita dello stesso.

Successivamente nel 2001 proseguendo gli studi dimostrarono che i principali benefici che gli atleti avevano ascoltando musica durante il “lavoro” erano quelli di aumentare i sentimenti positivi e ridurre quelli negativi, insieme a tutta un’altra serie di positività come a ridurre la sensazione di dolore e fatica e addirittura lavorare sulla scala di percezione dello sforzo RPE, specialmente durante l’allenamento aerobico.

Nel corso degli anni, i nostri professori cominciarono ad elaborare un sistema più oggettivo per selezionare la musica. Nel 1999 il primo tentativo di sviluppare una scala di valori per classificare le qualità motivative della musica., il B.R.M.I. (Brunel Music Rating Inventory) proseguito nel 2006 con il BRM-2, nei quali la caratteristica chiave della musica “motivazionale” era quella di aver un tempo bpm superiore a 120, ritmo incalzante, che infatti produceva un aumento dell’energia e promoveva il movimento corporeo. Ovviamente all’inizio c’erano limitazioni considerando solo i quattro fattori basati sul responso al ritmo, alla musicalità, impatto culturale e associazione, infatti nel 2006 il BRM fu modificato radicalmente aggiungendo tutta una serie di parametri nuovi che si focalizzavano sull’azione, il tempo, il contesto e il target. L’azione è relativa alla motivazione in riferimento al tempo e durante l’esercizio fisico, il contesto riguarda l’esercizio stesso, il target riguarda le proprietà della musica ritmo e tempo.

Il vero salto di qualità negli studi è stato quando, esaminando studi fatti anche da altri nel periodo dal 1999 al 2004, si è cercato di catalogare la musica nel contesto dell’allenamento e/o della gara. Si è capito subito che la musica di sottofondo dava degli effetti benefici che una volta scomparivano quando si raggiungeva il livello massimo, questa fu denominata musica “asincrona”, questo tipo di musica è vista come terapia aggiuntiva ad un esercizio fisico e viene chiamata cosi perchè non vi è nessuna cosciente sincronizzazione fra movimento e tempo di musica. Totalmente opposta è infatti la “musica sincronizzata”, che riesce ad accompagnare la realizzazione di movimenti ripetitivi con i suoi elementi ritmici (battito e tempo). Ultima classificazione è stata quella musica che può essere allo stesso tempo stimolante o sedativa che è stata denominata “pre-task”.

Andando nel dettaglio, secondo gli studi più recenti, la musica lenta asincrona è inadeguata per l’esercizio a meno che sia usata con l’intenzione di limitare lo sforzo. La musica veloce asincrona è adeguata per serie di attività ad alta

intensità e aumenta la fatica durante l’esercizio. Se svolta durante un esercizio fisico sub-massimale riduce RPE, ma non è chiaro se questo effetto è moderato dalle qualità motivazionali della musica. La musica asincrona perde probabilmente i suoi vantaggi durante l’attività d’intensità molto elevata.

All’opposto la ricerca ha costantemente dimostrato l’efficacia della musica sincronizzata come aiuto “ergogenico” in attività aerobiche. Altri studi hanno testato gli effetti della musica sull’umore durante lezioni di aerobica, dopo aver testato le tre diverse tipologie di musica. I risultati hanno riportato stati d’animo più positivi quando i partecipanti utilizzavano la musica sincronizzata. L’effetto di sincronizzazione in esecuzione è stato dimostrato in ambiente sperimentale nel 2006, i quali hanno trovato che la musica motivazionale sincrona migliorava la velocità di marcia in uno sprint di 400 mt, rispetto ad una condizione di controllo senza musica.

Andando poi ad analizzare la musica “pre-task”, già nel 1996 i professori hanno dimostrato in un loro studio, che questo tipo di musica agisce come uno stimolante efficace che può ottimizzare il livello di eccitazione degli stati psicologici. Dopo ulteriori studi nel 2003 hanno concluso che la musica pre-task può manipolare gli stati di attivazione attraverso il controllo dell’eccitazione e migliorare la fiducia in se stesso.

In generale, inoltre, gli autori affermano che la musica nel suo complesso è stata usata spesso per migliorare le capacità motorie dei giovani atleti.

A conclusione di questo si evince che la strategia efficiente da parte di un atleta è quella di stilare una playlist preferita seguendo possibilmente parametri musicali oggettivi come il già citato prima BRM-2.

Cercando di fare una sintesi per motivi di spazio, gli studi sulla applicazione della musica agli atleti e agli esercizi degli sportivi, ci confermano i differenti effetti che si ottengono.

La musica può focalizzare l’attenzione e distogliere la mente dalle sensazioni di fatica e di dolore, può essere utilizzata come stimolo per gli allenamenti più duri o come sedativo per momenti di ansia e nervosismo.

Sincronizzare il ritmo del lavoro con quello della musica serve a dare il giusto tempo ai movimenti e migliorare la performance. La musica, addirittura, può migliorare l’acquisizione dei movimenti e creare l’ambiente giusto per crearne di nuovi.

In conclusione, è necessario comunque che gli atleti siano coinvolti nella selezione dei brani in modo da avere un massimo incremento del potenziale degli effetti relativi alla musica, sebbene aiutati da parametri il più possibile oggettivi, come il beat-tempo, l’intensità e i cambi di musicalità. La curiosità che però emerge dalla ricerca è che in realtà non esiste una compilation ideale di musiche adatte allo sport, al contrario, è tutto molto soggettivo, quindi anche seguendo parametri, studi e tipologie varie, ognuno di noi ha, in fondo, una “sua” musica, quella capace di aumentare il proprio rendimento sportivo.

Articolo Tradotto da Pierluigi Pardocchi